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Situata nella parte centrale del territorio di Umbertide, l'Abbazia di San Salvatore, importante Monastero Benedettino del XI sec., è circondata dalla verde vallata che crea il fiume Tevere e dal gruppo montuoso Monte Acuto - Monte Corona. Distante da Umbertide 4 chilometri circa, sorge a 240 metri s.l.m. Si ritiene che sia stata fondata poco dopo il mille (1009) da San Romualdo, qualche anno prima che fondasse l'Eremo di Camaldoli nel Casentino. Si narra che nel 1050 fu a capo dell'Abbazia San Pier Damiani.Fu un monastero assai importante e, nel 1275, aveva giurisdizione su 21 Chiese. L'antica Cripta dell'Abbazia, detta oggi della Madonna delle Grazie è del tipo ad oratorio: è composta da un vasto locale diviso in cinque navate, che termina con tre absidi. Si tratta di una vera e propria Chiesa sotterranea, un vasto spazio articolato su sei campate mediante l'impiego di colonne romane e altomedioevali, che reggono volte a crociera con archi trasversi e longitudinali. Archi ciechi solcano anche le mura perimetrali della Cripta, ed entro ciascuno di essi sono ricavati due archi più piccoli, quasi due nicchie. E' molto probabile che sul luogo stesso dove ora sorge la Chiesa esistessero i ruderi di un tempio pagano o paleocristiano, ruderi che potrebbero essere serviti come materiale di reimpiego per la costruzione della Cripta. La Chiesa Superiore è a tre navate, delle quali quella centrale è coperta a padiglione e vi si trovano interessanti resti di affreschi del '300 di scuola umbra, raffiguranti l'Annunciazione. Al centro della grande navata, al momento della costruzione fu posto un bellissimo altare, la cui mensa è ora collocata nella navata di sinistra. Questa Chiesa fu consacrata da San Giovanni da Lodi, Vescovo di Gubbio nel 1105, e fu dedicata a Santa Sofia. Nel secolo XVI, costruito l'Eremo di Montecorona, questa Chiesa venne ingrandita: il prolungamento che fu costruito , fu riservato ai fedeli e dedicato a Santa Agnese. Nel 1959 furono eseguiti lavori di trasformazione e di ripristino e al posto del grande Altare fu sistemato l'antico Ciborio (forse dell'VI secolo), ivi trasportato dalla Chiesa di San Giuliano delle Pignatte. Quattro snelle colonne in pietra sorreggono i quattro frontoni, occupati da lastre dalle pregevoli sculture a motivi vegetali, foglie e intrecci, ad eccezione della lastra occidentale, nella quale sono raffigurati due eleganti pavoni. Dietro l'antico Ciborio è un coro ligneo di buona fattura (secolo XV). Si hanno poche notizie della data di costruzione della Torre campanaria, a pianta circolare, endecagonale e ottagonale, forse anticamente torre di difesa, con l'orologio restaurato nel 1992. Nel 1234 il Pontefice Gregorio IX concesse all'ordine dei Monaci cistercensi l'Abbazia di San Salvatore, mentre Perugia donava la sommità del Monte Corona. San Salvatore, con i suoi beni, tornò ai camaldolesi nel 1434 per ordine di EugenioIV. Nonostante la decisione papale, i camaldolesi non ripresero possesso dell'Abbazia, che per molti ani fu lasciata a Galeotto, Fabrizio, Bertoldo Degli Oddi dell'ordine cistercense, a Trolio Baglioni arciprete e, nell'anno1505, al Cardinale Gabrielli. Dopo la morte di questo Cardinale, l'amministrazione dell'Abbazia passò al nipote Galeazzo Gabrielli di Fano, che lasciò l'incarico nel 1523, quando ottenne dal Papa Clemente VII di divenire eremita camaldolese con il nome Pietro da Fano. Nello stesso anno l'Abbazia di San Salvatore fu unita ufficialmente ai beni camaldolesi. Nel1494 la tranquillità dell'Abbazia, affidata a Bertoldo degli Oddi, fu turbata dalla discordia che travagliava le famiglie Degli Oddi e dei Baglioni. I soldati di Baglioni invasero l'Abbazia, la spogliarono degli arredi più ricchi e vistosi, devastarono col fuoco i locali dei monaci. Libri e manoscritti antichi custoditi negli archivi, furono parte trasferiti dagli Oddi alla Rocca di Spoleto, parte bruciati dai partigiani dei Baglioni. Nel 1506, Papa Giulio I, di transito per recarsi a riprendere possesso di Bologna, fu ospite dell'Abbazia di Montecorona una notte. Nonostante i molti privilegi concessi da Papi e Imperatori, la vita de camaldolesi procedeva con incertezza. Le Costituzioni dell'Ordine stavano invecchiando, i tempi non erano più quelli di San Romualdo e la Riforma protestante minacciava la Chiesa; lo scisma sembrava vicino ed inevitabile. Dall'Abbazia
di Camaldoli partì Paolo Giustiniani con il proposito di recarsi a Roma dal
Papa. Nell’anno 1520 Leone X
consentì all'eremita camaldolese di fondare nuovi eremi e di riformare le
regole di quelli esistenti e scarsamente funzionanti. L'ordine
di Paolo Giustiniani venne
riconosciuto nel 1523, e Clemente VII, il 26 novembre dello stesso anno
riconfermò la Bolla di Leone X. Alla compagnia riformata che fu chiamata di San
Romualdo, vennero concessi ampi benefici e l'Abbazia di San Salvatore di Monte
Acuto fu unita ad altri beni. L'unione
tra i camaldolesi e i religiosi della Congregazione di San Romualdo non si
dimostrò duratura e si giunse alla seperazione delle comunità, sancita nel
Capitolo tenuto a Classe (Ravenna) nel maggio 1525. E forse da quest'anno che la
Compagnia di San Romualdo, per sottolineare con maggiore
evidenza la diversità dai camaldolesi assunse un nuovo stemma: una croce sopra
tre monti, in mezzo all’asta inferiore della quale, più tardi, fu messa una
corona per denotare il monte sul quale era stato edificato l'eremo principale
della congregazione. I
discepoli di Paolo Giustiniani aumentarono e al fine di adottare adeguati
provvedimenti, venne convocato il Capitolo per
il 23 aprile 1526 nella Cripta di Massaccio (Cupra Montana). In
questa riunione, fra l’altro si stabilì di chiamare la Compagnia di San Romua1do
con il nome di Compagnia degli Eremiti di Monte Corona e si giunse a questa decisione per
onorare San Savino, fondatore dell’antico oratorio a metà del Monte Corona. Dal 1526 iniziò per l’Abbazia
di San Salvatore che in questo tempo cominciò ad essere chiamata Abbazia
di Monte Corona, un periodo di grande importanza, fino a divenire essa il
centro, il punto di riferimento, per tutto l'ordine dei Coronasi. Nel 1527 quest'ordine comprendeva sette cenobi. Dal
1530 l'Abbazia di San Salvatore di Monte Corona fu strettamente congiunta con
l'Eremo. Morto Paolo Giustiniani il 28 giugno 1528 sul Monte Soratte, a 52 anni
di età, venne eletto maggiore
dei coronesi Agostino da Bassano e poi, alla sua morte (1529), Giustiniano
da Bergamo, che fu un solerte propagatore della regola di Paolo Giustiniani.
Giustiniano
da Bergamo, che viene considerato il secondo padre dei Coronasi, propose al
Capitolo generale l'erezione di un Eremo a somiglianza di quello di Camaldoli,
che fosse capo di tutta la Congregazione. Dopo
molte proposte fu stabilito di fabbricarlo sulla vetta del Monte Corona, per la
vicinanza all 'oratorio di San Savino e all'Abbazia di San Salvatore. Nel
XVI secolo l’Abbazia, San Savino e l’Eremo vennero uniti da una strada,
chiamata la “mattonata",
costruita a secco con blocchi di pietra arenaria; era larga
circa
due metri e
si dice
che finanziatore dell’opera sia stato il monaco
eremita polacco Nicolò Walski, già nobile maresciallo, che fornì la somma di
seimila scudi. Nel maggio 1540 si tenne all'Abbazia di San Salvatore di Monte Corona il
Capitolo generale con la partecipazione di molti eremiti camaldolesi e coronesi.
Si discusse dell'unione di tutti
i seguaci di S. Romualdo e, alla fine, fu trovato
un accordo, stilato il 21 maggio 1540 da Angelo Nicoluccio di Fratta. Il patto fra gli eremiti, stipulato all'Abbazia di Monte Corona nel 1540,
si rivelò di breve durata, perché il 29 maggio 1542 troviamo coronesi e
camaldolesi di nuovo separati. All' Eremo si stava intanto lavorando alacremente e, nell'aprile del
1553, il pontefice Paolo III concesse ai monaci coronesi, come sussidio
ordinario per condurre a termine i lavori, il podere del Colle di San Savino e
quello di San Giuliano, vicini all'Eremo stesso. La
sommità del Monte cominciò a popolarsi e, nel 1555, venne consacrata la
Chiesa. In
questi anni la vita dell’Abbazia di San Salvatore fu intensamente legata a
quella che si svolgeva all'Eremo: erano due centri che tra loro si integravano.
Il romitorio era il centro della vita spirituale; l’Abbazia la sede più
i m portante delle attività economiche. Alla
Badia erano concentrati i magazzini, gli uffici amministrativi essendo di
facile accesso per tutti. Vi erano inoltre le abitazioni per quegli eremiti che,
o per la vecchiaia o per infermità non potevano osservare le rigorose regole di
vita dei Confratelli che vivevano all’eremo. viveva rio all'Eremo. L'Abbazia
era provvista di una farmacia che ebbe grande importanza anche fuori dei confini
locali, in particolare per certi farmaci estratti dalle erbe (rinomatissimo il Balsamo
ed il Fisco, liquore contro la malaria). Celebre
restò per lungo tempo tra i suoi farmacisti Fra’ Cavillo. Il
farmacista laico Alessandro Burelli di Umbertide rimase in attività anche dopo
che gli eremiti furono costretti a lasciare Monte Corona nel 1860. Alla Badia
era poi sempre aperta una foresteria per ospitare pellegrini e viandanti. Tra
i monaci illustri che qui vissero, fu Guido d'Arezzo, inventore del nuovo
sistema musicale (nato circa nel 995). L'Eremo, dove la regola eremitica trovava
la più rigida applicazione, era invece luogo di meditazione e di preghiera. Nel
1556 vi morì con fama di santità il perugino Rodolfo degli Oddi. Nelle
vicinanze dell’Abbazia di San Salvatore di Monte Corona, al vocabolo Palazzo
della Rosa, rimane in piedi un'edicola restaurata nel 1982
rappresentante la Madonna con il Bambino. Una pietra porta
scolpita la data 1480, L'edicola è ciò che resta di una cappella, esistente in
questo luogo, nelle cui pareti erano dipinti alcuni eventi della vita di San
Savino, monaco dell'Abbazia di San Salvatore. Gli Annales Camaldulenses
affermano che sotto i dipinti si potevano leggere frammenti di iscrizione,
riguardanti i miracoli del Santo.
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